Convegno sulle Brigate Rosse: cosa rimane ai familiari di coloro che le hanno combattute?

Convegno terrorismo Tuoro 2006DISCORSO DELLA PRESIDENTE DI “MEMORIA”  MARIELLA MAGI DIONISI 
 AL
CONVEGNO DEL 2006 DI TUORO SUL TERRORISMO 

IN RICORDO DEL SACRIFICIO 
DELL’AGENTE DI POLIZIA FERROVIARIA EMANUELE PETRI
UCCISO IN SERVIZIO DALLE BRIGATE ROSSE

L’associazione che rappresento si chiama MEMORIA perché attraverso essa vogliamo ricordare, far ricordare e diffondere i valori umani, civili e morali in difesa dei quali i nostri cari sono stati uccisi: libertà, legalità, democrazia.

La Memoria sopravvive e si perpetua.

Attraverso di essa si deve e si può far maturare piena coscienza nei cittadini del profondo significato e della forte funzione sociale delle Forze dell’ Ordine e dei Magistrati. 

Non ci sono sentimenti di vendetta nella memoria.

C’è la richiesta di verità e di giustizia, perché troppo spesso non abbiamo avuto né l’una né l’altra.

Questi i nostri morti: 144 uomini servitori dello Stato tra poliziotti, il maggior numero circa 75, carabinieri, agenti di custodia, finanzieri e magistrati. Senza contare i feriti.

Dalle stragi terroristiche altoatesine all’agguato sul treno a Castiglion Fiorentino, all’agguato di Nassiria.

Uomini colpevoli di indossare una divisa o una toga e perciò definiti servitori dello Stato.

Non il FATO ma altri uomini hanno deciso che proprio perché i nostri familiari rappresentavano lo Stato o magari stavano facendo indagini che avrebbero avvicinato alla verità e forse anche alla scoperta di covi ed organizzazioni , o perché erano la scorta di un uomo politico o perché erano in servizio nell’ esatto momento in cui accadeva qualcosa che non si doveva sapere, sono stati coscientemente e deliberatamente uccisi.

Non l’incidente e non il caso, ma proprio il fatto di rappresentare lo Stato ha costituito la loro condanna.

Non altro, se non il fatto di voler far affermare libertà, democrazia, legalità. 

Poliziotti e carabinieri e magistrati scelti perché simbolo dell’ efficienza dello Stato.

Uomini al servizio dell’Italia, che hanno difeso i valori della nostra Costituzione e delle nostre leggi in casa propria, quando si colpevolizzava chi parlava di Patria e neppure si conosceva l’inno della nostra Nazione.

Assassinati in servizio, comandati e non volontari, che hanno contribuito a far sì che il nostro Paese possa oggi permettersi di aiutare gli altri paesi.Uomini in divisa come quelli caduti in Iraq, uomini coscienti del fatto che il loro essere servitori dello Stato li avrebbe portati al sacrificio estremo, ma che, coscientemente, lo hanno scelto per contribuire a far continuare a sopravvivere in Italia e negli altri paesi libertà, democrazia, legalità.

Ma i nostri morti, e noi con loro, hanno dovuto subire per molti anni una sottile, persistente forma di violenza contenuta nella dimenticanza e nell’ oblio in cui ci avevano relegato e che abbiamo continuato a subire per più di 25 anni, in silenzio, pur non avendo mai cessato di credere nelle Istituzioni, magari essendo noi lo Stato più di quanto lo Stato lo fosse con noi. 

Questo ci ha ferito, offeso, umiliato, annichilito. 

Quasi quanto i colpi che hanno assassinato i nostri cari.

Sono stati anni in cui molti tra i politici, uomini di cultura e dell’arte, associazioni umanitarie, mass-media hanno sempre gareggiato nell’occuparsi dei “poveri terroristi”, addirittura per aiutarli, soccorrerli e validarli, anche politicamente. 

Mai nessuno di essi si è però sognato di venire a vedere come stavano crescendo quei bimbi nati senza un padre, bimbi che muovevano i primi passi nella vita senza una mano alla quale stringersi e dalla quale chiedere e ricevere affetto.

Un padre scomparso anzitempo, conosciuto solo attraverso le foto e le parole delle madri, tanto da invidiare i coetanei che invece avevano ricevuto l’ immenso regalo di averlo accanto anche se invalido, ma pur sempre presente e vivo.

Sono adulti adesso, non hanno ricevuto aiuti da nessuno, ma sono cresciuti con le stesse certezze e gli stessi valori morali dei loro padri, unico vero “risarcimento” che è stato dato loro di avere in tutti questi anni. 

Ma si sentono spesso umiliati. 

Abbiamo affrontato processi, con Avvocati pagati da noi (per noi non c’era la possibilità del gratuito patrocinio come per i terroristi), processi dai quali non abbiamo avuto né verità certe né certezza della pena e della giustizia (sono stati liberati sin da subito, scrivono sui giornali, sono presidenti di associazioni umanitarie…).

Non abbiamo convocato conferenze stampa, non abbiamo fatto dimostrazioni, non ci siamo affidati a “cordate politiche trasversali”, non abbiamo fatto né abbiamo trovato chi facesse per noi scioperi della fame per urlare il nostro sdegno e la nostra rabbia: la nostra dignità ci impedisce di farlo.

Abbiamo passato anni in cui le irrisorie pensioni che “risarcivano” la morte dei nostri familiari spesso non ci permettevano di vivere: ma la nostra dignità ci ha consigliato di seguire la strada istituzionale per modificare lo stato delle cose, senza usare azioni eclatanti.

Ci hanno fatto capire in mille modi che anche noi, i loro familiari eravamo da dimenticare: il “fine pena mai” era stato applicato solo ai servitori dello Stato e ai loro figli.

Alla fine, quando per questo ci siamo sentiti traditi una volta di troppo nella fiducia e le azioni non state rispondenti ai valori morali per cui i nostri cari si sono fatti uccidere, soltanto allora abbiamo fatto sentire la nostra voce.

Abbiamo così iniziato a scrivere “agli uomini di buona volontà” dando voce a quanti non potevano più parlare, chiedendo la stessa assordante attenzione che veniva rivolta ai “poveri terroristi”.

La stessa attenzione, non di più: e, nel farlo, ci siamo sentiti troppe volte umiliati perché disattesa.

Ma dobbiamo dire che poi, alla fine, davvero abbiamo trovato delle attenzioni, delle promesse vere regolarmente mantenute.Come dobbiamo dire che a volte chi ci riceveva per ascoltare le nostre problematiche si addormentava mentre parlavamo….

E’ per questo che oggi, noi che la memoria l’abbiamo, non possiamo che dire i nomi di chi ci ha dato attenzione.

Attenzione che in passato abbiamo trovato grazie alla disponibilità dell’On. Spini, dell’ On. Jervolino, dell’ On. Fini, dell’ On. Schmidt, del Sen. Schifani e dell’allora On. Serra, attenzione che poi si è trasformata in concrete azioni.

Così come in questi mesi abbiamo cercato e abbiamo trovato attenzione e concrete adesioni alle nostre problematiche nell’ On. Fini, nell’ On. Mantovano, nell’ On. Giovanardi, nell’ On. Castelli e, come sempre con la sua grande umanità, nell’ On. Spini.

In essi si dimostra attenzione e rispetto veri e concreti ai nostri morti, si ricordano per la prima volta le vittime del terrorismo altoatesino dal 1961, vittime che non hanno mai beneficiato delle leggi intervenute dal 1980 in poi e si sanano le disparità intervenute nella legislazione fino ad oggi. 

Finalmente è prevista assistenza psicologica ai familiari delle vittime e alle vittime stesse, riparando così ad una manchevolezza della legislazione italiana che fino ad oggi è stata notevolmente carente anche sotto questo aspetto. 

Certo, non si saneranno mai, nella maniera più assoluta, le veloci attenzioni a favore dei terroristi: dal 1978 ad oggi ben 10 leggi sono state emanate (la famosa legislazione premiale) a loro favore, mentre solo 2 per le vittime!

Come dice mia figlia : “ …..E sennò che vittime sono? Ci sono abituate, continuiamo a farle sentire vittime, non abbiano a disabituarsi….!”

Questa azione del Governo ci ha fatto capire che parlare di guerra al terrorismo non è solo parlare del terrorismo che viene da fuori o è dentro il nostro paese ma significa anche, davvero e seriamente, combattere il terrorismo anche in termini culturali, e cioè coltivando la memoria di quanti sono caduti sotto i suoi colpi e tramandando alle generazioni future un patrimonio di valori come la Patria e la fedeltà alle Istituzioni democratiche.

Perché si è finalmente compreso che le Forze dell’ Ordine e la Magistratura non sono solo proiettate ad usare competenze, professionalità e mezzi a scopo repressivo, ma anche, cittadini tra gli altri cittadini, protesi alla tutela della pace sociale e del bene comune delle libertà garantite dalle leggi, e che per il raggiungimento di tali obiettivi sono disposti perfino al sacrificio della vita.

Perché le Forze dell’ Ordine e la Magistratura svolgono ogni giorno l’importante funzione non di repressione bensì di prevenzione e di vicinanza alle problematiche dei cittadini nel loro vivere quotidiano per il mantenimento della democrazia, della libertà individuale e di gruppo e della legalità.

E’ con queste certezze che auspichiamo che si provveda a potenziare i mezzi e i dispositivi individuali di protezione per quei ragazzi in divisa che ogni giorno, nelle nostre città, svolgono in silenzio, con dedizione e competenza, il proprio lavoro al servizio della nostra sicurezza e delle nostre libertà, per fare così in modo che vi siano sempre meno bambini che patiscono quello che hanno subito i nostri figli e che vi sia così sempre meno bisogno di occuparsi dei sopravvissuti dei caduti e dei feriti.

Mi felicito che oggi Tuoro, assieme all’Umbria, e alla Toscana, attraverso la Famiglia Petri e a tutte le Associazioni e gli Enti che hanno promosso, organizzato e sostenuto questa iniziativa, nel ricordo del caro Emanuele Petri, contribuisca in maniera cosi forte a sostenere la nostra lotta nella “Memoria” dei nostri cari che ci sono stati strappati improvvisamente mentre adempivano al loro dovere.

La Presidente dell’Associazione “Memoria”
Mariella Magi Dionisi