Il Coraggio di Antonia Custra che sconfisse l’odio per l’assassino del padre l’Agente PS Antonio da parte dei terroristi

La Repubblica morte Antonia CustraSi è spenta a soli 40 anni, stroncata da un cancro, Antonia Custra, figlia dell’Agente di Polizia Antonio Custra, ucciso nel 1977 a Milano dal terrorista Mario Ferrandi mentre lei doveva ancora nascere.

Alla Famiglia di Antonia le più vive condoglianze dell’Associazione “Memoria”.

Questo l’articolo che gli ha dedicato oggi il quotidiano nazionale La Repubblica.

cronaca

La storia.

Muore a 40 anni la figlia dell’agente Custra, ucciso nel ’77 a Milano dal terrorista Ferrandi. Orfana prima di nascere

Il coraggio di Antonia che sconfisse l’odio per l’assassino del padre


Artico La Repubblica del 19/08/2017 a cura di PIERO COLAPRICO
MILANO

È morta Antonia, figlia di Antonio, e cioè di un poliziotto ucciso e rimasto ancorato a una fotografia, quella scattata il 14 maggio 1977 a Milano, in via De Amicis: si vede un giovane dell’Autonomia, braccia tese e volto coperto, che spara ad altezza d’uomo. A oltre 100 metri, dall’altra parte del revolver, c’era il Terzo Celere schierato. Una pallottola colpì il vicebrigadiere Antonino “Custrà”, si scrisse allora, con l’accento sulla “a”, finché non è spuntata Antonia, a dire che si chiamava Custra, senza accento. E Antonia era una che voleva capire. Senza segreti, senza omissioni, senza barare.

S’era trovata orfana prima di nascere, a San Giorgio a Cremano. E sua madre, che era andata al funerale con il pancione, vestita di nero, e s’è confinata in casa, aveva scelto per lei il nome del padre: «Quel proiettile ha ammazzato papà, mamma, che è un fiore appassito, e me, che sono nata già morta, con una vita colorata di nero». Eppure, in qualche modo, «Antonia aveva saputo ritrovare i colori», come dice l’ex terrorista Mario Ferrandi. «È una che ha combattuto a fondo, anche contro la malattia. E ha lottato anche per lavorare in polizia, come suo padre. Era spazzina e s’è data da fare, concorso dopo concorso. Ho saputo della sua morte da Facebook. Qualche volta ci sentivamo, e sarà una frase fatta, ma che muoia a 40 anni una come lei è davvero un’ingiustizia ». Che a ricordare così Antonia, figlia di una vittima degli “anni di piombo”, possa essere uno con il passato di Ferrandi può far fastidio. Ma è anche attraverso l’ex terrorista — che aveva 21 anni e il nome in codice “Coniglio” quando il suo “Collettivo Romana” sparò e uccise — che si può comprendere meglio la scelta di Antonia. E anche un pezzo della nostra storia.

C’è da fare un salto sempre nel passato, ma più recente, nella primavera di dieci anni fa, del 2007. C’è un’altra foto, si vedono Ferrandi, che allora aveva passato i 50, era stato in carcere, e viveva di lavori precari, e la trentenne Antonia che s’incontrano in via De Amicis. Proprio nei luoghi della morte, e delle pallottole. Era stato Mario Calabresi, che stava scrivendo “Spingendo la notte più in là”, a raccontare alla ragazza i nuovi dettagli giudiziari della tragedia e per Antonia era stato come aprire una diga. Del papà non aveva niente, se non il peso a volte insopportabile dell’assenza, più di contorno «qualche nome da odiare». Si destreggiava tra anoressia e bulimia, una giovinezza complicata, ma «volevo guarire». E l’occasione era arrivata nel modo più inatteso: con una telefonata in un programma tv, favorita da don Antonio Mazzi, che era stato il primo “datore di lavoro” di Ferrandi.

Era sbocciata così, in pubblico, una proposta vagamente assurda. Ma Antonia e quello che era stato “Coniglio” ci avevano creduto. Ed erano andati insieme sulla scena del crimine, e lì la figlia di Antonio aveva provato «un fortissimo dolore», ma anche — sono parole sue — «papà accanto a me». Per quanto tutto sia stato e possa essere complicatissimo e indicibile, Antonia ha voluto concludere quell’incontro esagerato e cruciale regalando all’ex terrorista una foto del padre. Non in divisa, ma da giovane sposo sorridente. «Ce l’ho, ci mancherebbe, io so che noi le abbiamo strappato il papà e lei mi ha regalato del gran bene, e almeno sono riuscito a dirglielo, che era una grande anima». Non stupirà sapere che quando, un paio d’anni fa, Ferrandi ha chiesto e ottenuto la “riabilitazione”, Antonia ha dato il suo parere favorevole ai giudici: «So che i terroristi non hanno ucciso per soldi, o per un tornaconto, ma per ideali sbagliati, non voglio più odiare, so che alcuni sono cambiati davvero».

A non essere sconfitto, si sa, a volte è il cancro: e così è successo ad Antonia. Ma lei ha continuato a lottare, il “buio” l’aveva sconfitto: anche grazie al perdono e «a mia madre, che anche se non è d’accordo mi lascia fare».

Antonia Custra e padre Antonio Custra

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